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Starlink: una sfera di Dyson al contrario



La sfera di Dyson è una megastruttura concettualizzata prima in romanzi di fantascienza per poi iniziare ad apparire sempre più in documenti scientifici. Non è propriamente una sfera, è una struttura rigida od uno sciame di tanti piccoli satelliti che avvolgono una stella per guadagnarne il potere. Questo permetterebbe ad una civiltà avanzata di compiere imprese incredibili, come lo spostare l’intero sistema solare. Una struttura simile era impensabile già da costruire attorno la Terra, attorno una stella come il Sole sarebbe un’impresa titanica. Continuando questo ragionamento guidato, cosa servirebbe per costruire una cosa simile attorno alla Terra? Tanti piccoli satelliti a bassa quota, prodotti su larga scala, portati in orbita da migliaia di razzi e con un sistema di guida sincronizzato alla perfezione. Tutti problemi risolti o in fase di soluzione per l’azienda di Elon Musk SpaceX. Musk vuole poter creare una sfera di Dyson attorno il nostro pianeta, non per ottenerne il potere ma per permettere l’accesso a internet in ogni angolo del pianeta, tranne ai poli. Questo sogno di avere connettività garantita per l’intero pianeta non è nuovo: il telefono satellitare, dopotutto, esiste dagli anni ’90. Ma perché non è diventato allora lo standard? Perché non esiste lo smartphone satellitare?

La ragione sta nella latenza del segnale, influenzata dalla distanza che deve percorrere: un segnale partito da Londra per raggiungere New York, passando per un satellite geostazionario (gli unici in grado al momento di coprire l’intero pianeta ma anche i più lontani) avrà una latenza di 240 ms mentre passando per il cavo Atlantic Crossing 1 in fibra ottica sul fondo dell’Oceano Atlantico avrebbe una latenza di soli 76 ms. Una latenza di 240 ms durante una telefonata è già percettibile ma ignorabile, mentre renderebbe molto lenta l’esperienza con uno smartphone, senza considerare tutto il traffico dati aggiunto che dovrebbe sopportare il satellite. Per ottenere una latenza non solo paragonabile a quella di un cavo ottico ma addirittura migliore, l’orbita di un satellite Starlink sarà molto bassa, tra i 300 e i 500 km sopra il livello del mare. Questo però fa sorgere un nuovo problema: avendo solo una copertura di 81°, ad una distanza simile dal suolo, la copertura effettiva diventa di circa 1500 km. Ciò comporta più satelliti, molti di più. Al momento sono in orbita 1844 satelliti ma è intenzione dell’azienda di raggiungere le 42.000 unità in orbita.



Al momento i razzi Falcon 9 hanno il compito di portarli nello spazio, 60 unità alla volta, ma

con l’arrivo della nuovissima Starship è previsto ogni viaggio ne avrà 240 a bordo. Il costo di ognuno è relativamente basso, 250.000$, soprattutto in confronto ad altri satelliti di comunicazione. Con una copertura simile del pianeta, un posizionamento accurato garantito dalla propulsione al Cripton, il potere di calcolo offerto da Google e da Microsoft Azure, 5 laser che permettono trasmissione nel vuoto tra i vari satelliti ed un’antenna a matrice di fasi di frequenza per la ricezione del segnale, la latenza raggiunge un valore di 43 ms.



Inoltre, l’antenna a matrice di fasi, pur avendo un nome complicato, ha un costo molto basso (200€ circa), è grande quanto una pizza e non ha bisogno di essere puntata come le parabole per la televisione satellitare, rendendo il servizio davvero interessante non solo per l’occidente ma soprattutto per persone del Sud del mondo. L’unica alternativa al momento disponibile per una città senza un broadcaster telefonico è un furgone dal costo spropositato di 30.000€. Tutt’ora la metà della popolazione mondiale non ha accesso a internet, Facebook e la Cina hanno reso parte della loro influenza rispettivamente commerciale e politica su stati meno tecnologicamente sviluppati attraverso l’istallazione di strutture per la connettività alla rete. Starlink, quindi, non sarebbe un “game changer” solo per la velocità aggiunta nelle operazioni d’alta finanza ma potrebbe davvero portare all’intero pianeta lo strumento necessario del web.


Due problemi, tuttavia, mostrano il vero costo di questa nuova tecnologia. Il primo è che i suoi satelliti sono luminosi. Tanto luminosi da mostrarsi ad occhio nudo, pur essendo minuscoli, in varie città del globo, in piccole strisce di puntini che si muovono alla stessa velocità. Oltre a rovinare la perfezione del firmamento, diventano particolarmente luminosi all’alba ed al tramonto, proprio quando numerosi osservatori astronomici sono alla caccia per meteoriti puntati sulla terra. Inoltre, avendo sistemi di movimento autonomi, non è possibile prevedere la loro traiettoria al metro, rendendo numerose osservazioni astronomiche del tutto illeggibili. Per risolvere questo problema, ogni nuovo satellite sarà ricoperto di una vernice high-tech tanto nera da assorbire la luce. Questo li ha resi il 69% meno luminosi dei propri predecessori, lasciando scoperti però i pannelli solari del quale sono equipaggiati e le lenti per i laser della trasmissione dati. Senz’altro è stato un enorme passo avanti, ma comunque non sufficiente ed essendo già in produzione su larga scala, il tempo per trovare una soluzione è poco.



Inoltre, non è l’unica a voler portare l’internet in tutto il mondo: Viasat, Hughes Network System, Kupier di Amazon e la Repubblica Popolare Cinese vogliono tutte aggiudicarsi il primo posto in questa nuova corsa allo spazio. Pur essendo SpaceX l’azienda con maggiore vantaggio e migliore tecnologia non impedirà a tutte le altre di portare in orbita le loro di costellazioni, aggiungendo ai 42.000 teorizzati da SpaceX altre migliaia di piccoli satelliti. Il problema diventa quindi non più solo per astronomi o scienziati ma potrebbe intaccare la specie umana intera. Infatti, la sindrome di Kessler, teorizzata dall’omonimo scienziato NASA nel 1978, presenta come ulteriori detriti nello spazio, genererebbero maggiori collisioni tra satelliti, esponenzialmente aumentato la quantità di detriti, fino a rendere inaccessibile lo spazio in certe orbite, o se in orbita tanto bassa come in questo caso totalmente inaccessibile, per molte generazioni.

Starlink ha il potenziale di portare l’era dell’informazione a tutto il globo, portando lavoro, formazione, opportunità in luoghi dove non sarebbe stato possibile per molto tempo. Potrebbe però rivelarsi una delle grandi sfide dell’umanità del paradosso di Fermi: il cielo quanto ci appartiene? Chi dovrebbe avere massima autorità sul suo utilizzo?



Fonti

- Mark Handley – “Delay is Not an Option: Low Latency Routing in Space” - University College London +

- Mark Handley, 2018, "Starlink revisions, Nov 2018" https://www.youtube.com/watch?v=QEIUdMiColU&t=252s

- Submarine Cable Map

https://www.submarinecablemap.com/submarine-cable/bay-to-bay-express-btobe-cable-system

- Kevin Miller "Calculating Optical Fiber Latency" 2012

- Kessler Donald J, Cour-Palais Burton G., 1978, "Collision Frequency of Artificial Satellites: The Creation of a Debris Belt" Journal of Geophysical Research

- Jonathan's Space Report, 2021, "Starlink Statistics", planet4589.org

- Hall Shannon, "After SpaceX Starlink Launch, a Fear of Satellites That Outnumber All Visible Stars - Images of the Starlink constellation in orbit have rattled astronomers around the world", The New York Times

- "Types of Broadband Connections" - fcc.gov - Federal Communications Commission (FCC) – 2014

- “What Elon Musk's 42,000 Satellites Could Do To Earth”, Tech Insider, 2020

- https://www.spacex.com/


Copyright delle immagini:

  1. Copyright free

  2. Submarine Cable Map.com

  3. SpaceX

  4. SpaceX

  5. SpaceX

  6. A Pass Of The Starlink 4 Train - Alan Dyer


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