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Sputnik-1: l’avvento dell’era spaziale

A differenza degli Stati Uniti, i sovietici hanno avuto solo una piccola parte dei progetti dei V2, ovvero i missili tedeschi utilizzati nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Dalle poche informazioni l’ingegnere Serej Pavlovič Korolëv è riuscito ad intuire la validità di quei missili e le loro potenzialità, se sfruttati per un utilizzo differente da quello originale, ovvero il lancio di satelliti.

Con quest’intuizione il programma Sputnik dell’Unione Sovietica ha inizio nel 1948.

La parola “Sputnik” può assumere molti significati, da “satellite” a “commesso viaggiatore” o “compagno di viaggio”, benché in astronomia voglia dire solamente “satellite”.


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Il programma Sputnik porterà alla realizzazione di una serie di missioni spaziali, con lo scopo principale della messa in orbita di satelliti artificiali mediante l’uso del razzo vettore R-7. In particolare, è con esso che l’Unione Sovietica mette in orbita il primo satellite artificiale nella storia il 4 ottobre del 1957.

Il semplice bip-bip emesso dallo Sputnik-1, da quando ha iniziato ad orbitare attorno alla terra, è il suono dell’inizio della corsa allo spazio.


Come è nato lo Sputnik-1?

L’idea di un satellite spaziale viene sollevata in principio in una nota dall’ingegnere Mikhail Tikhonravov nel 1954, mentre il suo ex capo Sergej Pavlovič Korolëv lavora a quello che sarebbe stato il primo missile balistico intercontinentale, denominato R-7. La sua idea è sfruttare la capacità di quest’ultimo nel trasportare una testata nucleare da un lato all’altro della Terra per lanciare un satellite in orbita.


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Korolëv rilancia immediatamente l’idea all’allora Ministro della Difesa Ustinov. Così nel gennaio del 1956 viene rilasciata una risoluzione governativa per la produzione del satellite “Oggetto D”, rinominato in seguito Sputnik. Il satellite in questione avrebbe dovuto pesare tra i 1000 e 1400 kg e contenere apparecchiatura scientifica.

Dopo l’inizio dei test di accensione del razzo R-7, si nota la mancanza di potenza necessaria per l’arrivo in orbita dell’”Oggetto D”.

Korolëv si mostra come una storta di abile generale nella gestione del programma, capace di avere sotto di sé schiere di persone per raggiungere obiettivi. E il suo obiettivo è in questa situazione mettere in orbita il primo satellite artificiale. Avendo gli Stati Uniti annunciato la stessa volontà nel 1955, la pressione è alta e il tempo scarseggia. Più che una competizione tra due nazioni, appare come una competizione tra lui e gli Stati Uniti. L’ingegnere padre del programma spaziale russo opta allora per la costruzione di una versione ridotta dell’”Oggetto D”, denominata appunto “Sputnik”.


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Il satellite acquista una forma molto semplice e un peso di 83 kg. Si riduce difatti il tutto ad una sfera di metallo con una superfice lucida per riflettere i raggi solari. All’interno dello scudo sferico esterno viene posta un’ulteriore sfera pressurizzata con azoto contenente due trasmettitori radio, tre batterie allo zinco e una ventola.


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Lo Sputnik viene lanciato il 4 ottobre del 1957 all’altezza massima consentita di 900 Km sopra la terra ed inizia ad orbitare compiendo giri attorno alla terra ogni 96 minuti circa, con una velocità di 290000 km/h e trasmettendo su due radiofrequenze differenti.

Non è visibile ad occhio nudo o con un binocolo dalle persone in quanto troppo piccolo. Quello che può essere osservato in questo modo è il secondo stadio dell’R-7 che è nella sua stessa orbita. Chiunque con la giusta attrezzatura può però ascoltare i bip emessi dal satellite.

Era appunto quello che voleva Korolëv per dimostrare la riuscita del lancio e il funzionamento del satellite. Il segnale, captabile dai radioamatori di ogni angolo del pianeta, avrebbe suscitato scalpore a livello internazionale.


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Grazie a questo stesso segnale, gli scienziati possono misurare le distorsioni del segnale. Ciò consente la prima misurazione accurata della densità della parte più alta dell’atmosfera e la raccolta delle prime informazioni riguardo la ionosfera.


Nonostante le sue piccole dimensioni, lo Sputnik ha avuto un enorme impatto sul corso della storia umana, e non tanto per le informazioni che ha permesso di raccogliere.

Negli Stati Uniti la risposta allo “Sputnik moment” può essere definita come isterica. Gli americani sono sempre stati convinti di avere il primato nel campo delle innovazioni tecnologiche e delle scoperte scientifiche. Ora gli sembra di non avere più il controllo, e non solo perché con un missile balistico intercontinentale l’Unione Sovietica potrebbe far piovere la morte sulla nazione realizzando una Pearl Harbor nucleare.



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Eisenhower tenta di placare la popolazione e i media. Ma egli deve considerare che gli USA devono affrontare 3 duri colpi:

1) l’Unione Sovietica domina lo spazio in quel momento;

2) il prestigio e la leadership risultano compromessi;

3) l’Unione sovietica potrebbe rivelarsi di molto superiore a livello militare.


Anche se lo Sputnik è solo 1/10 dell’iniziale “Oggetto D”, esso si rivela otto volte più massiccio del satellite programmato dagli scienziati in America.

Il fallimento degli Stati Uniti con il lancio del primo Vanguard nel 1957 è stato ripreso in televisione ed è divenuto di pubblico dominio, portando all’estremo i sentimenti di paura e delusione scatenati dalla percezione dell’opinione pubblica della situazione. Gli Stati Uniti sembrano infatti caduti sotto l’ombra del “Gigante rosso”.

Eisenhower non credeva nella corsa allo spazio. Riteneva che i costi non fossero sufficientemente giustificati. Per lui i satelliti erano importanti solo dal punto di vista dello spionaggio. Tuttavia, per placare i media e l’opinione pubblica, nel 1958 fonda la NASA per la ricerca e l’esplorazione spaziale e le conferisce un budget annuale di 730 milioni di dollari, una cifra misera se si paragona non solo agli attuali 18 miliardi di dollari, ma anche ai 44 miliardi nel 1965.

Oltre ciò, il governo statunitense approva il National Defense Education Act e incoraggia i giovani a studiare fisica e matematica, in modo da renderli utili per la corsa allo spazio.

Il primato sovietico si ripresenterà successivamente quando Luna 2 diventerà la prima navicella spaziale a toccare la luna e fino a quando Alexis Leonov nel 1965 non affronterà la prima passeggiata nello spazio. Solo con la spedizione Apollo-11 nel 1969 gli USA riacquisteranno la propria posizione di nazione tecnologicamente e scientificamente all’avanguardia.

Le batterie dello Sputnik durano circa 3 settimane, e 3 mesi dopo il lancio esso rientrerà nell’atmosfera dopo aver percorso oltre 170 milioni di km, bruciando. L’unico suo pezzo rimasto è una chiave di armamento in metallo.

Il clamore da esso suscitato non risiede in caratteristiche tecniche eccezionali, nelle informazioni raccolte o nelle grandi scoperte che ha consentito. Esso ha suscitato tanto scalpore a livello internazionale perché ha fornito una nuova direzione alla ricerca scientifica e alle applicazioni possibili delle tecnologie.


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Lo Sputnik ha aperto un nuovo capitolo non solo nella Guerra Fredda ma nell’intera storia dell’umanità. Per la prima volta l’uomo è uscito dal pianeta mandando un proprio artefatto in orbita, dando avvio a quella che può essere definita “era spaziale”.

Il visitare la luna o un asteroide, mettere piede su Marte, comunicazione globalizzata, televisione satellitare, previsioni meteo, internet, uso dei cellulari e dei PC ormai quotidiano, sorveglianza, raccolta di informazioni sul nostro pianeta e su ciò che lo circonda. Tutto è partito dal semplice bip dello Sputnik-1.



Fonti

- Divine R. A. (1993). The Sputnik Challenge, New York, Oxford University Press

- Burrows W. E., (1999), This New Ocean: The Story of the First Space Age, New York, The Modern Library

- Brzezinski, M. B., (2007), Red Moon Rising: Sputnik and the Hidden Rivalries That Ignited the Space Age, New York, Henry Holt and Co.

- McDougall, W. A. (1985), ...The Heavens and the Earth: A Political History of the Space Age. New York: Basic Books


 
 
 

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